Forse non è la più famosa. Forse non ha l’eco mediatica della cucina emiliana o napoletana. Ma chi conosce davvero la cucina teramana sa che potrebbe tranquillamente stare sul podio delle cucine italiane. E no, non è un’esagerazione campanilistica. È una questione di gusto, tradizione, varietà e autenticità.
La cucina teramana è un concentrato di sapori sinceri e piatti stratificati, spesso frutto di una cultura contadina che ha saputo trasformare la semplicità in maestria. Non è una cucina fatta per stupire con effetti speciali: è fatta per restare. E lo fa in punta di forchetta, con equilibrio perfetto tra mare e montagna, tra abbondanza e delicatezza, tra festa e quotidianità.
Pensiamo solo alle scrippelle ‘mbusse, che non sono crespelle, non sono lasagne, non sono zuppe… eppure sono tutto questo insieme. Piatti che raccontano storie di famiglie numerose, di domeniche lente, di mani che lavorano l’impasto come gesto d’amore. Oppure al timballo alla teramana, un’opera d’arte in strati che, se fatto come si deve, richiede ore di lavoro e un rispetto quasi liturgico della sequenza. Non è solo un primo piatto: è un rito.
E che dire delle virtù, la zuppa simbolo del 1° maggio? Ogni famiglia ha la sua versione, nessuna è sbagliata, tutte sono piene di legumi, verdure, pasta mista e un sapere tramandato a voce. Un piatto che nasce povero, ma è ricco come un’enciclopedia di biodiversità abruzzese. Poi ci sono le pallotte cacio e ova, la pizza dolce teramana, il fritto misto all’ascolana con variante locale, e ovviamente i maccheroni alla chitarra con le pallottine: un capolavoro che mette d’accordo tutti.
La forza della cucina teramana è anche nella sua identità forte ma poco ostentata. Non cerca palcoscenici, non si impone, ma ti conquista in silenzio. E chi ha avuto la fortuna di sedersi a una tavola teramana difficilmente se lo dimentica.
Non è solo buona: è coerente, umana, piena di gesti antichi e ingredienti veri. È una cucina che non segue le mode, ma che può insegnare molto alla cucina moderna.
Ecco perché, con la dovuta convinzione, possiamo dire che la cucina teramana merita un posto tra le tre più buone d’Italia. Perché è intera, perché è viva, e perché ogni piatto è un pezzo di cuore servito caldo.